Questo è il
presepe di quest'anno. Un dono molto importante del mio amico Emilio De
Martino, napoletano d'origine ma ora residente a Roma; è esodato come me ed ha
questa grande passione. Ho visto altri suoi presepi e devo dire che le sue
"creature" sono vere e proprie opere d'arte, nonostante lui dica che
sono solo una passione. Dietro di ognuna c'è lo studio per ambientare e
raccontare qualcosa. In questo
caso è NATIVITA' alla FORNACE.
L'ispirazione è venuta dal libro FORNACI A CORTE FRANCA TRA STORIA E MEMORIA. Chi l’ha letto potrà cogliere che la
natività è collocata nella bocca di carico-scarico del forno Hoffman;
sull'éra (aia) è ricostruito in modo particolareggiato il banco dove
l'argilla veniva manipolata e prendeva la forma voluta (mattone o coppo); c'è
anche la carriola, senza la ruota anteriore per indicare un lavoro che non c'è
più, rotta come la fornace dove l'attività è dismessa, un luogo dov'era la vita
degli ultimi, quegli ultimi che saranno i primi...
Gli altri
figuranti li abbiamo messi noi (sono alcuni di quelli dell'anno scorso) e la
mia nipotina li ha posizionati così per non lasciare soli Maria, Giuseppe e
Gesù bambino.
Beppe Zani
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Brani tratti da: FORNACI A CORTE FRANCA TRA STORIA E MEMORIA
Quel tempo ci è apparso
duro, con poche alternative, dominato da un lavoro, quando c’era, che consentiva di
sfamare a mala pena la propria famiglia: nulla più. Un passato non certo
glorioso, spesso
teatro di un unico eroismo, quello del sopravvivere. Allora non c’erano
pastiglie per
dormire, footing per mantenersi in forma e dimagrire: erano tutti magri. Un
lavoro, quello in fornace, ancora molto simile a quello del contadino, con
la chiusura invernale e la riapertura agli inizi della primavera. Un lavoro
dove un temporale improvviso poteva distrugger la fatica di un’intera
giornata e dove se non ti andava bene così... ti indicavano l’uscita. Un lavoro dove i soldi li
vedevi solo... passare dalle mani del padrone a quelle del bottegaio che ti riforniva a credito.
Sul
territorio di Corte Franca, la presenza di fornaci
ha
interessato Colombaro, Timoline, Borgonato
e le zone
limitrofe strettamente confinanti
di
Clusane e Adro-Torbiato. In queste zone,
con varia
fortuna sono comparse e scomparse numerose fornaci intermittenti ma, tra la
fine
dell’800
e in tutta la prima parte del 900, le fornaci
sono
andate via via concentrandosi in Corte
Franca,
nella frazione di Colombaro, in prossimità
del
confine di Clusane. La formazione di
questo
“polo produttivo” avviene con il progressivo
affermarsi
del forno a fuoco continuo tipo
Hoffmann e con
l’abbandono delle fornaci intermittenti.
«Erano chiamati Hoffmann
ed erano ellissoidali, c’era il fuoco
che avanzava piano piano, tiravano
su le valvole che aprivano il tiraggio
della ciminiera, il fuoco
avanzava e continuava a girare intorno.
Intanto toglievano la roba
cotta e la riempivano di secco da
dietro» (Eugenio Anessi)...
«A
fare le ciminiere, che erano
alte,
c’era un certo Canìgia di
Trenzano.
Erano fatte con quadrelli
a
cuneo, con la testa e la
coda
rotonda. Ad ogni “corso”
c’era
una misura di quadrelli:
man
mano che andavano su erano
sempre
più piccoli perché si
stringeva
il diametro della ciminiera.
All’esterno
ci mettevano
delle
shànche (zanche) di ferro e
così
si facevano la scala. Mio fratello
“Bono”
tutti i giorni era là
sopra.
La ciminiera serviva per
tirare
avanti il fuoco, sotto nel
forno;
poi sono venuti gli aspiratori
elettrici,
ma la ciminiera più andava su e più riusciva ad aspirare
per
tirare avanti il fuoco»
(Prospero
Pezzotti).
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